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ARIALDO BANFI

FAUSTO BERTINOTTI

GIOVANNI BIANCHI

NORBERTO BOBBIO

LUCIANA CASTELLINA

LAURA CONTI

VITTORIO FOA

ANTONIO GIOLITTI

LUIGI GRANELLI

PIETRO INGRAO

CESARE MUSATTI

ELENA PACIOTTI

STEFANO RODOTA'

SALVATORE SENESE

BRUNO TRENTIN

LEO VALIANI

 

Antonio Giolitti
(Roma, 1915)



Militante comunista negli anni quaranta, partecipa alla Resistenza nel Piemonte. Deputato all’Assemblea costituente e alla Camera nelle prime due legislature. Nel 1957 lascia il Partito comunista e aderisce al Partito socialista di cui è deputato fino al 1985. Ministro del Bilancio nel primo governo Moro (1963). Nel 1987 è senatore della Sinistra indipendente.
È stato presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso-Issoco

Esattamente dieci anni fa veniva organizzata a Milano una mostra per ricordare la figura e l'opera di Lelio Basso intitolata Ripensare il socialismo: la ricerca di Lelio Basso. I termini allora utilizzati, "ripensare” e "ricerca", mi sembrano le parole chiave per comprenderne il pensiero e l'azione, quel suo non acquietarsi nell'ortodossia e meno che mai nel dogma, come sta dimostrando anche questo convegno articolato intorno alle vaste e profonde aree politiche e culturali che egli andò esplorando e scavando.
Ho ricordato la mostra di dieci anni fa, ma ancora dieci anni prima venne pubblicato un volume che faceva seguito a un convegno organizzato dall'Istituto per la storia della Resistenza in provincia di Alessandria, al quale mi trovai a partecipare come parlamentare socialista eletto in quella circoscrizione, intitolato Lelio Basso nella storia del socialismo, dove Guido Quazza, nella prefazione, metteva in evidenza: “il gusto profondo di Basso per l'analisi dottrinale e il discorso di sistema”.
In questo mio intervento mi limito a indicare soltanto alcune delle fonti cui ho attinto per ravvivare il ricordo del pensiero e dell'azione di Lelio Basso […]
Mi è capitato in sorte di concludere la mia vita attiva nella politica e nella cultura della sinistra proprio con la presidenza della Fondazione Basso - Issoco, poco meno di dieci anni fa; ma il mio impegno politico e culturale, dopo l'esplorazione e gli esordi degli ultimi anni trenta e dei primi anni quaranta, aveva già trovato molti stimoli, sin dai mesi successivi alla liberazione, nell'attività di partito e nell'Assemblea costituente, nel pensiero di Lelio Basso. Un pensiero particolarmente attraente per chi come me associava all'impegno politico nel Partito comunista italiano l'assillo di una ricerca critica nella più vasta area culturale della sinistra. Basso volle intitolare la sua rivista "Problemi" e non “certezze” del socialismo e il suo articolo apparso nel primo numero del gennaio 1958 affrontava il problema più arduo e complesso: quello del rapporto tra Marxismo e democrazia. Proprio per questa sua irrequietezza e questa sua continua ricerca, Lelio Basso non era in odore di santità in una sinistra dove il maggior partito tendeva a professare e a proclamare certezze.
Storia di Lelio Basso reprobo intitolò con ironia De Martino un suo scritto sulla rivista “Belfagor”, nel luglio del 1980, in cui trattava la vicenda che si svolse tra il Congresso di Firenze del 1949 e quello di Bologna del 1951 e che si concluse con il consolidamento della maggioranza di sinistra, capeggiata da Nenni e Morandi, e con l'esclusione di Lelio Basso accusato di frazionismo e di attività nociva all'unità del Partito. Il dissenso di Basso si trova esplicitamente e chiaramente motivato in una sua lettera a Nenni precedente il Congresso di Firenze del 1955 e pubblicata nel 1962 da Giovanni Bosio nel suo Giornale di un organizzatore di cultura. I motivi più rilevanti di tale dissenso consistevano nella rivendicazione di una “linea di sinistra più coerente di quella di altri giunti in ritardo a convinzioni leniniste - il riferimento è probabilmente a Rodolfo Morandi - nella conferma del proposito di battersi per il superamento dei partiti esistenti e la creazione di un solo partito della classe operaia, nella esigenza di un rafforzamento strutturale del Partito socialista per porlo in grado di promuovere tale processo nella critica di una concezione del partito come subordinato alla guida comunista”.
Due anni prima dell’esordio della sua rivista, nel memorabile anno 1956, Lelio Basso pubblicò su “Mondo Operaio” del mese di luglio un articolo che ben ricordo per la sua profondità e ampiezza di analisi; proprio in un momento in cui simili contributi, per altro assai rari, andavamo ansiosamente cercando. Si intitolava L'esperienza sovietica e la dittatura del proletariato ed era ospitato nella rubrica "Problemi del socialismo". Si trattava di un contributo di analisi critica rigorosamente marxista con sostanziosi riferimenti luxemburghiani.
All'indomani del 25 luglio 1943, in un momento di morte e di resurrezione nella storia d'Italia di questo secolo, Basso sollecitò e quasi invocò, in un articolo intitolato La ricostruzione del Partito Socialista Italiano: “la ricerca di un partito impregnato di spirito nuovo, non legato a strategie e a formule superate (...). Tra le formule e le strategie superate consideravamo anche quelle di cui erano state espressione l'Internazionale socialista e l'Internazionale comunista ormai sciolte entrambe e la cui resurrezione ci appariva suscettibile di cristallizzare il movimento operaio su posizioni e lacerazioni che nella nostra coscienza erano superate”.
Notevole, per rigore marxista e consapevolezza della dimensione internazionale dei problemi della trasformazione economica e sociale, anche la relazione di cinquantacinque pagine letta al convegno Tendenze del capitalismo europeo, organizzato a Roma dall'Istituto Gramsci nel giugno del 1965, e poi pubblicata in volume da Laterza nel 1969 col titolo Neocapitalismo e sinistra europea.. Fortemente influenzato dalla sua ostilità nei confronti del centro-sinistra italiano e, naturalmente, nei confronti delle sempre esecrate e vilipese socialdemocrazie, resta tuttavia ancora oggi un valido contributo di analisi e di critica stimolante e illuminante, paradossalmente proprio per la sua inattualità. Nonostante infatti quell'errore di giudizio storico e politico nei confronti delle socialdemocrazie, Lelio Basso seppe cogliere con lungimirante chiaroveggenza il significato e la portata della nuova dimensione europea […] e del nuovo ambito geopolitico della nozione marxista di proletariato, una nozione resa obsolescente per effetto delle politiche economiche e sociali delle socialdemocrazie, nell'ambito dei paesi economicamente sviluppati. Basso seppe restituire un significato “diagnostico” e “terapeutico” a quella nozione di proletariato collocandola in una dimensione mondiale, guardando cioè alle vaste aree continentali del sottosviluppo, della emarginazione, della miseria. E ancora una volta seppe e volle unire pensiero e azione, cultura e politica, promuovendo la Fondazione internazionale e la Lega Internazionale per il diritto e la liberazione dei popoli […].
[Tratto da Fondazione Internazionale Lelio Basso – Fondazione Lelio e Lisli Basso-Issoco – Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli, Lelio Basso e le culture dei diritti, Atti del Convegno internazionale, Roma, 10-12 dicembre 1998, Roma, Carocci, 2000]