Laura Conti
(Udine, 1921 – Milano, 1993)
Medico e scrittrice. Partecipa alla Resistenza
e viene arrestata nell’agosto
1944. Nel dopoguerra milita prima nel Partito socialista e poi nel Partito
comunista. Per questo partito è eletta consigliere provinciale
e poi regionale della Lombardia. Nel 1976 promuove la campagna di denuncia
sulle responsabilità e gli effetti dell’incidente di Seveso.
Dal 1987 al 1992 deputato alla Camera. Pioniera dell’impegno ambientalista,
partecipa alla fondazione della Lega per l’ambiente.
[…] Nel 1973 avevo detto a Lelio che avevo intenzione di studiare
ecologia, di approfondire lo studio di questa disciplina. Lui mi
disse che si rammaricava che l'impronta culturale che aveva subito
negli anni della sua formazione non comprendesse una cultura scientifica
che potesse metterlo in grado di affrontare quella che gli sembrava
la problematica decisiva dell'epoca. Era certamente notevole che un uomo
di grandissima cultura, di quella cultura così grande che tutti
noi gli riconosciamo, si rammaricasse di non avere un patrimonio culturale
più vasto. In queste conversazioni che abbiamo avuto nel
1973 mi disse che voleva assolutamente acquistare qualcosa, un patrimonio,
sìa pure ridotto all'essenziale, alle grandi linee, che lo mettesse
in grado di capire questi problemi nuovi. Mi chiese di aiutarlo perché non
aveva tempo di mettersi a leggere e a studiare libri scientifici. Mi
chiese allora di scrivergli delle lettere segnalandogli gli aspetti che
ritenevo più interessanti relativi a questi problemi. Così feci.
Poi, nel febbraio del 1974, con questa lettera mi chiede di passare
da queste conversazioni abbastanza occasionali - conversazioni per lettera
- ad un progetto. Questo perché stava accingendosi - o si era
già accinto - a scrivere un libro di cui un capitolo è dedicato
alle contraddizioni della società capitalistica contemporanea
tra le quali i danni ecologici provocati dal sistema del profitto. Mi
chiese allora con questa lettera del febbraio del 1974 di orientare,
di finalizzare le cose che io gli scrivevo e di finalizzarle a un capitolo
del libro. La cosa mi preoccupò, perché era un'assunzione
di responsabilità notevole, che mi metteva un pochino in ansia.
Per questo motivo, nella seconda lettera, del maggio del '74, egli si
disse disposto ad aspettare alcuni mesi allo scopo di consentirmi di
superare questa preoccupazione iniziale. Cominciai allora a scrivergli
delle lettere sistematiche, cioè con un progetto. Avevo fatto
una scaletta, un indice e gli mandavo delle lettere numerate. Nel settembre
del 1974 mi disse che le poste non funzionavano bene e che gli era arrivata
la busta numero sei quando la cinque non era ancora pervenuta, testimonianza
questa dell'attenzione con cui seguiva ogni aspetto del progetto.
L'ultima frase è poi particolarmente toccante perché rivela
come questa tensione verso il nuovo, questa aspirazione a rinnovare anche
se stesso fosse viva, pur essendo Lelio consapevole che ormai viveva
gli ultimi anni della sua esistenza.
Leggo questa ultima frase: "Purtroppo questo libro che sto scrivendo
diventa sempre più difficile: invece di andare avanti va indietro,
perché più approfondisco l’argomento e più mi
viene voglia di rifare le pagine già scritte. Spero comunque termini
prima che termini la mia vita".
A me piace molto ricordare che Lelio, anche nella consapevolezza di essere
ormai sul declino, aveva questa grande voglia di rinnovarsi, di
arricchirsi culturalmente sempre di più.
[Tratto da AA.VV.,
Socialismo e democrazia. Rileggendo Lelio Basso, Concorezzo, Gi. Ronchi
Editore, 1992 che raccoglie le relazioni e gli interventi dell’omonimo
convegno svoltosi a Milano nel 1988]
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