Arialdo Banfi
(Milano, 1913-1997)
Avvocato, antifascista, è tra i dirigenti del movimento “Giustizia
e Libertà”. Nel 1943 partecipa alla fondazione del Movimento
federalista europeo. Partigiano in Piemonte, nel dopoguerra è tra
i dirigenti del Partito d'Azione e, dopo lo scioglimento del 1947,
del Partito socialista, di cui sarà senatore per tre legislature.
Nel primo governo Moro di centrosinistra viene nominato Sottosegretario
agli Affari esteri.
Conobbi Lelio Basso quando, negli
anni 1936-37, sono stato accettato quale praticante procuratore
legale nello studio di un certo avvocato Postiglione, abruzzese trapiantato
a Milano, studio sito in via Andreani nello stesso stabile ove era lo
studio legale di Lelio Basso. Allora
non sapevo che egli fosse militante antifascista, ma lo appresi quando
entrai a far parte, introdotto da mio fratello Gian Luigi, architetto
morto poi nel campo di sterminio nazista di Gusen, del gruppo Rollier.
I Rollier, come li chiamavamo, facevano parte di una famiglia valdese:
il vecchio "papà Rollier" era un industriale proprietario
di una fabbrica di pellami e aveva due figli, Mario e Guido: Mario sposato
con Rita Isenburg, Guido sposato con una svizzera, Jacqueline Porret.
Non
so come Lelio Basso fosse divenuto amico dei Rollier, forse perché sua
moglie Lisli Carini era già amica di Rita Rollier, forse
perché Lelio si era dedicato, tra l'altro, allo studio della teologia
valdese scrivendo anche articoli per la rivista "Protestantesimo" diretta,
allora, dal pastore Miegge, rivista che, utilizzando argomenti religiosi,
riusciva a fare un po' di fronda antifascista.
Ricordo che il mio primo
incontro con Lelio avvenne in occasione di una gita in bicicletta, appunto
coi Rollier, mi è rimasto impresso
il fatto che, transitando presso il seminario di Venegono, Lelio uscì con
questa frase: "Ecco il pretificio da cui escono i preti fascisti".
Non so se fosse vero o meno, ma quella parola "pretificio" si
insinuò nel mio animo di ancora osservante cattolico, sebbene
già cominciassi a prenderne le distanze. Vennero le leggi fasciste
sulla razza, cominciarono le persecuzioni degli ebrei tra cui avevo
molti amici e cominciò l'impegno mio e di Elena nell'antifascismo:
era ancora una rivolta morale perché la scelta politica venne,
per entrambi, durante la guerra, nel corso. della quale fui richiamato
nell'esercito e fui lontano, per molti mesi, da Milano, ove ritornavo
in occasione di licenze, talvolta lunghe perché avevo contratto
una malattia allora diffusa tra i militari di presidio in Sicilia, l'ameba.
Elena, rimasta a Milano, aveva aderito al Movimento di Unità Proletaria,
il MUP, di cui Basso era il capo riconosciuto a Milano. Io ho aderito
al Partito d'Azione insieme a mio fratello e ai due fratelli Rollier.
Per i giovani di allora, specie se appartenenti a famiglie borghesi in
cui non si parlava di politica perché veniva considerata una "cosa
sporca" (tutta, compresa quella fascista) era già difficile
fare la scelta antifascista, ma ancor più era difficile inserirsi
in un'organizzazione in cui vigevano le regole della clandestinità di
cui la prima era il sospetto verso i neofiti con la conseguenza che si
era accolti solo se un altro militante fidato si faceva garante del tuo
impegno antifascista. Si cominciava con i piccoli incarichi: io cominciai
col copiare a macchina il manifesto europeista scritto dai federalisti
Colorni, Rossi e Spinelli, tutti confinati all'isola di Ventotene;
Elena fu incaricata da Baso di confezionare i tubetti di dentifricio
entro cui veniva infilata, dal fondo, una lettera in scrittura minuscola
involta in carta oleata: ricordo di averla aiutata a confezionare
un tubetto per Lucio Luzzatto che era stato mio compagno di università prima
di essere condannato dal Tribunale speciale fascista a molti anni di
galera.
Con Elena discutevamo del nostro impegno antifascista:
ero preoccupato perché mi pareva che Elena non osservasse le
regole della clandestinità:
lei era preoccupata perché io svolgevo propaganda antifascista
tra i militari con gravi rischi. Basso veniva sovente a cena da
noi e ci esponeva il programma del MUP: allora, per la prima volta,
sentii parlare di Rosa Luxemburg, che era il suo modello preferito, e
del movimento spartachista, senza convincermi molto; Rollier mi aveva
dato da leggere alcuni vecchi numeri del "Non mollare" diretto
da Carlo Rosselli e l'idea del socialismo liberale mi convinceva
di più, ma non cercai per questo di convincere Elena.
Nel 1942
conobbi Riccardo Lombardi nel periodo in cui si stava costituendo il
Partito d'Azione e fu la mia scelta di vita. Durante i 45 giorni tra
la caduta di Mussolini e l'armistizio Basso fece della nostra abitazione
in Milano, via Gustavo Modena 36, un luogo di incontri tra i partiti
antifascisti ed Elena mi raccontò, poi, che lì si era ricostituita
la Camera del lavoro di Milano. Con l'8 settembre 1943 e l'inizio della
Resistenza io andai a costituire bande partigiane in Piemonte e più precisamente
in Val Pellice ove, ancora una volta, la base operativa era la casa Rollier
a Torre Pellice ed iniziai la vita del partigiano, mentre Elena continuò a
lavorare per il MUP che presto si unificò col ricostituito Partito
Socialista Italiano con la sigla "PSIUP". In quel periodo ebbi
rare occasioni di incontrare Lelio Basso sia perché ero sempre
più impegnato in Piemonte, ove mi fu affidato l'incarico di rappresentare
il PdA nel Comando Militare Piemontese, sia perché Elena, nell'ottobre
1943, era stata arrestata dalla polizia fascista in occasione di una
retata nello studio dell'avvocato Valcarenghi, che era uno dei collaboratori
di Basso così come lo era Corrado Bonfantini che ritrovai in Piemonte.
Valcarenghi
era sfuggito all'arresto dell'ottobre e così, in
occasione di un mio rientro a Milano ove il PdA mi aveva richiamato,
mi incontrai più volte con lui e pensammo all'opportunità di
fondere PSIUP e PdA: Valcarenghi mi disse di averne parlato con Basso,
il quale gli aveva fatto presente le varie divergenze ideologiche tra
i due partiti; cercammo ugualmente di avviare il dialogo, nel corso del
quale incontrai oltre allo stesso Valcarenghi il socialista Recalcati
e l'avv. Monti del PdA: subito dopo un'altra retata della polizia fascista
portò all'arresto dello stesso Valcarenghi e di Recalcati
e tutto finì lì. Ricordo questo episodio perché non
mutai la mia opinione sulla fusione tra i due partiti, che si realizzò alla
fine del 1947. Tornato definitivamente a Milano, ricostituita la
famiglia (Elena era stata rilasciata nell'aprile 1944) fui nominato segretario
organizzativo del PdA Alta Italia; Basso era un esponente di primo
piano del PSIUP e riprendemmo la consuetudine di incontrarci sovente,
anche perché Elena era molto amica della moglie di Basso e così si
cenava spesso insieme.
La vicenda della fusione tra i nostri due partiti
fu molto travagliata perché, soprattutto nel PdA, -le opinioni
erano molto diverse specialmente dopo che era avvenuta la scissione
del PSIUP con l'uscita di Saragat e dei suoi, tra i quali Valcarenghi
e altri: anche tra i socialisti nenniani che avevano mutato il nome
del partito in PSI vi era molta incertezza.
Lombardi, nominato segretario
del PdA, in un primo momento propendeva per la fusione col partito
saragattiano, ma poi, sia per lo spostamento a destra di questo partito
in senso filoamericano, sia perché molti
di noi giovani ci sentivamo più vicini al PSI, anche Lombardi
si convinse.
In questa operazione l'opera di Lelio Basso fu assai
importante: ci incontrammo più volte, Lombardi e Basso posero le premesse di
un documento di unificazione e così nell'ottobre del 1947 il Comitato
Centrale del PdA, riunitosi a Roma, decise lo scioglimento e la confluenza
nel PSI.
Subito dopo essere entrato nel PSI che mi aveva
cooptato nel Comitato Direttivo della Federazione di Milano mi accorsi
che anche lì vi
erano delle correnti e ne fui assai deluso, ma confidavo nella collaborazione
tra Lombardi e Basso, entrambi sostenitori di una maggiore autonomia
del PSI nei confronti del PCI: al Congresso che precedette le elezioni
dell'aprile 1948 noi sostenemmo che il PSI avrebbe dovuto presentarsi
con liste proprie, Nenni era invece per la presentazione di liste comuni
col PCI in un Fronte Popolare e Basso, che era, il segretario del PSI,
sostanzialmente sulla nostra posizione, accettò poi l'impostazione
di Nenni e noi, appena entrati nel PSI, non potevamo opporci e così fu
il Fronte con le conseguenze ben note: la vittoria schiacciante
della Democrazia Cristiana.
I rapporti tra Basso e Lombardi si erano,
nel frattempo, incrinati; mi resi conto quanto fosse difficile la loro
collaborazione: in effetti i due avevano caratteri e interessi diversi: Lombardi guardava in
modo particolare ai problemi economici, Basso a quelli ideologici: entrambi
avevano una grande cultura, ma le origini li facevano diversi: Lombardi
veniva dal movimento di "Giustizia e Libertà", Basso
dal filone rivoluzionario che era stato alla base della fondazione del
MUP. Da allora anche i miei personali rapporti con Basso non furono più quelli
di prima, ma continuavamo a incontrarci a casa sua o mia o dai Rollier.
Quando
cominciò a manifestarsi il dissenso tra Nenni e Basso
mi parve fosse venuto il momento di riavvicinare Basso e Lombardi
e l'occasione fu il Congresso del PSI a Napoli del 1959 in cui Lombardi
sollecitò Basso a candidarsi alla segreteria del partito: noi
non eravamo contrari a una possibile collaborazione, anche a livello
di governo, con la Democrazia Cristiana , ma ci sembrava che Nenni avesse
troppa fretta e pensavamo che Basso, quale segretario, avrebbe meglio
tutelato la linea politica del partito, ma lo stesso Basso, dopo
qualche perplessità, decise per il no e così fu eletto
segretario Francesco de Martino.
Dopo d'allora i miei rapporti con Basso
si fecero più rari anche
se, in varie occasioni, ci trovammo a combattere le stesse battaglie;
ricordo che al suo fianco partecipai a marce della pace contro la
sporca guerra degli Stati Uniti nel Vietnam e ciò anche contro
le direttive del partito socialista. E venne la scissione della sinistra
socialista dopo che il PSI decise, nel novembre 1963, la partecipazione
al governo con la DC. La scissione non fu voluta da Basso ma da quelli
che, allora, chiamavamo "carristi", perché avevano preso
posizione favorevole all'URSS in occasione della repressione della rivolta
in Ungheria (Valori, Vecchietti, Libertini e altri); alla fine Baso decise
di seguire questi compagni nel nuovo partito che indebolì nel
complesso la sinistra socialista che si era costituita in corrente
con a capo Riccardo Lombardi.
Basso poi più che occuparsi del suo nuovo partito si dedicò ai
rapporti internazionali prendendo iniziative importanti e coraggiose
come la costituzione del Tribunale Russell, prese numerose iniziative
per sostenere la politica antiamericana nel Medio Oriente e l'ultima
volta che mi incontrai con lui fu in occasione della Conferenza sul Medio
Oriente organizzata dall'allora presidente egiziano Nasser e mi resi
conto di quale importanza fosse la figura di Basso nel contesto dei paesi
del Terzo Mondo.
Io, dunque, nella vita politica ebbi due maestri
tanto diversi l'uno dall'altro ma entrambi mi hanno dato molto: Basso
la passione per i libri di cui è stato, da sempre, attento raccoglitore, tanto da
creare una delle più ricche biblioteche di libri, giornali, riviste
di studi politici: Lombardi quella per i problemi dell'economia, che
fece di lui un valido collaboratore all'elaborazione della strategia
delle riforme.
[Tratto da Aa.Vv., Socialismo e democrazia. Rileggendo
Lelio Basso ,
Concorezzo, Gi. Ronchi Editore, 1992 che raccoglie le relazioni e gli
interventi dell'omonimo convegno svoltosi a Milano nel 1988] |