Il
partito come necessità e come problema
Il problema
dell’organizzazione ha attraversato
tutta la storia politica del Novecento, non solo quella
della sinistra. Alle soglie del secolo, i bolscevichi
avevano enunciato, con il Che fare di Lenin, una teoria
e un modello organizzativo del partito, efficiente come
una catena di montaggio e inesorabile come un esercito
in armi. Vittorioso sul campo, il partito bolscevico fu
però il vero motore della svolta autoritaria del
socialismo, e una fonte di ispirazione per tutti i totalitarismi.
Lelio Basso fu nettamente critico, per tutta la vita,
del modello leninista. Non perché rifiutasse l’esigenza
di un’organizzazione stabile e solida: fu al contrario
il padre dell’articolo 49 della Costituzione, che
attribuisce ai partiti una funzione insostituibile nelle
democrazie. E sebbene assai aperto verso le realtà dei
nuovi movimenti, non credeva possibile avviare un mutamento
sociale autentico senza un’organizzazione forte
e solida. Ma mirava a un modello organizzativo differente:
di qui lo studio appassionato da lui ininterrottamente
dedicato alla figura di Rosa Luxemburg, critica intransigente
del modello bolscevico di organizzazione pur nella radicalità degli
ideali socialisti.
Ci troviamo di fronte a uno dei nodi irrisolti che il
Ventesimo secolo lascia in eredità al nostro: la
riflessione sui modelli organizzativi e le loro implicazioni,
oggi, tocca non solo la vita politica ma anche quella
economica e tutti gli aspetti della società. È possibile
fare coincidere l’efficienza dell’organizzazione
con la partecipazione democratica alla sua vita?
Bibliografia
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