Per una coscienza democratica
La battaglia per la Costituente è cominciata e il
nostro Partito ha già preso chiara e decisa posizione: è solo la Costituente
che potrà salvare l’Italia dal baratro in cui l’hanno gettata le forze
reazionarie e da cui la vecchia classe dirigente è ormai impotente a
risollevarla; è solo la Costituente che potrà fare dell’Italia una repubblica
democratica dei lavoratori, che potrà far sì che il popolo prenda finalmente in
mano i propri destini e si avvii a diventare, dopo secoli di servaggio, un
popolo libero in una comunità di popoli liberi ed uniti.
Ma noi cadremmo in un gravissimo errore ed
esporremmo il Paese a pericolose delusioni se attribuissimo alla Costituente
virtù taumaturgiche, se pensassimo, secondo una vecchia mentalità
parlamentaristica, che dei comizi elettorali possano risolvere una crisi così
profonda come quella che ci travaglia, possano dare una coscienza democratica
ad un popolo che non l’ha mai posseduta.
L’esperienza del 1919-22 in Italia ed altre più
recenti in altri paesi di Europa, devono averci insegnato che nessun istituto
giuridico, nessuna legge, nessuna forma parlamentare può sostituire
l’educazione democratica di un popolo, che è sempre frutto di una lunga
tradizione di lotta politica, fondata a sua volta su determinate condizioni
economiche e sociali.
Il Partito socialista mancherebbe al suo compito
essenziale se non si preoccupasse fin d’ora di dare un sicuro fondamento a
quell’edificio democratico di cui la Costituente deve tracciare le linee maestre.
Quale può essere questo fondamento? In un paese
dove la coscienza democratica è stata sempre scarsissima, e dove il fascismo ha
posto per un ventennio ogni suo studio nell’ottunderla, il lavoro da compiersi
è immenso. Certo la resistenza che gli operai d’avanguardia hanno opposto al
fascismo e la partecipazione di larghi strati della popolazione lavoratrice
alla lotta di liberazione nazionale, hanno contribuito notevolmente
all’educazione e preparazione politica delle masse, ma non possiamo nasconderci
che sono ancora vastissime le zone della stessa popolazione lavoratrice, specie
nel campo femminile e giovanile, che non partecipano alla lotta politica, che
non mostrano interesse per i problemi politici.
In questo assenteismo, che genera facilmente scetticismo
e sfiducia, sono sempre le radici di tutti i movimenti antidemocratici.
Portare quindi le masse sul terreno della lotta
politica è il problema centrale per la formazione di una coscienza democratica,
ma noi non possiamo illuderci che questo si possa ottenere con della propaganda
in genere e tanto meno con della propaganda socialista in specie. Si tratta in
molti casi di un vero e proprio analfabetismo politico, quell’analfabetismo che
il fascismo ha sistematicamente coltivato e favorito, e che può essere guarito
solo progressivamente.
È dai problemi concreti che bisogna cominciare
questa opera di rieducazione. Interessare operai, impiegati, contadini ai
problemi della loro azienda industriale, agricola o commerciale; obbligarli a
discutere, senza imporre loro schemi precostituiti di partito, dei salari, del
costo della vita, dei problemi dell’alimentazione, dell’abitazione, del
riscaldamento; abituarli gradualmente a legare le loro rivendicazioni immediate
alle situazioni più complesse a risalire dagli aspetti particolari a quelli più
generali dei rapporti tra le classi.
Ma per ottenere questo bisogna che i contadini, gli
operai, specie le donne e i giovani, si abituino a frequentare le riunioni dove
si discutono i loro problemi - riunioni di fabbrica, riunioni sindacali,
riunioni degli organismi di massa -; che partecipino alle elezioni delle
commissioni interne, dei Consigli di gestione, dei C.L.N. di base dove questi
sono elettivi, degli organi sindacali come pure degli organi del F.d.G. e
dell’U.D.I.
È una partecipazione graduale che noi possiamo
pretendere, dapprima alle attività e agli organismi più vicini, sindacali e di
massa, per arrivare poi a quelli più propriamente politici; è un interessamento
graduale che noi possiamo richiedere, dapprima ai problemi immediati,
particolari e apparentemente più concreti per risalire poi a quelli più
generali e a carattere nazionale; è un’educazione graduale alla vita e alla
lotta politica che noi possiamo ottenere, una progressiva formazione della
coscienza democratica.
In questa opera i compagni non devono mai portare
uno spirito né gretto né settario. Non si può pretendere che la grande massa
degli apolitici, e in particolare le donne e giovani, si convertano subito al
socialismo, come non potremmo pretendere di fare apprezzare di colpo ad un
analfabeta la Divina Commedia. È verso gli organismi di massa che noi
dobbiamo far confluire gli apolitici che si ostinino a non accettare la
ideologia e la disciplina di un partito.
Dobbiamo renderci conto che ogni volta che noi
riusciamo ad interessare un operaio, un contadino, un tecnico, un impiegato, un
artigiano ad un problema nuovo della vita collettiva, ogni volta che lo
facciamo partecipare a una elezione, o aderire a un organismo, abbiamo dato un
contributo alla formazione della coscienza democratica del Paese. E più avanti,
ogni volta chi riusciamo a suscitare una iniziativa dal basso, a creare un
nuovo organismo di base, purché funzionante democraticamente, ogni volta che
portiamo le masse sul terreno dei problemi generali, chi istituiamo Consigli di
gestione o un organo di autogoverno del popolo lavoratore, anche se questo non
è fatto sotto l’etichetta socialista o non ha colore soltanto socialista, noi
abbiamo dato un contributo ancora più notevole alla formazione della coscienza
democratica, abbiamo dato più sicuro fondamento all’edificio democratico che
vogliamo realizzare con la Costituente e abbiamo al tempo stesso contribuito
alla preparazione della Costituente.
Quel che conta, quel che è indispensabile anzi, è
che in ognuno di questi organismi, in ognuna di queste riunioni, in ogni luogo
e in ogni momento dove si discute un problema generale o particolare che
interessa la classe lavoratrice, il Partito socialista sia presente can
qualcuno di noi, che si faccia intendere la voce socialista, che la massa degli
apolitici si abitui e sentire la parola d’ordine del Partito, esposta con
chiarezza e semplicità e al tempo stesso con decisione e fermezza.
Su questo terreno noi pensiamo di favorire anche
quell’unità della classe lavoratrice che è da anni in cima al nostri pensieri,
unità che ogni volta che si smarrisce nei meandri dell’ideologia si ritrova poi
al fuoco dei problemi concreti che interessano in egual modo gli operai o i
contadini o lo altre categorie del lavoro e che devono necessariamente
sospingere verso le stesse soluzioni; quell’unità che, quante volte cozza
contro dogmatismi o settarismi che sono i residui di un morto passato, si
riforma per le necessità stesse della lotta presente; quell’unità che, compromessa
troppo spesso in alto, erompe come un’esigenza sempre più fortemente sentita
dalla coscienza viva delle masse.
Lelio Basso